lunedì 10 agosto 2020

Di passo in passo...un cammino di ferro e aria.

Quest'estate volevo cimentarmi in un cammino e così è stato.

Ho scelto come prima volta un percorso di 4 giorni (mi sembrava il giusto per iniziare) e mi ha ispirato la possibilità di partire dalla pianura, attraversare gli Appennini e arrivare al mare: la Via del sale, che va da Varzi al Golfo del Paradiso.

A Varzi abbiamo dormito in un pittoresco agriturismo, La Sorgente, camere accoglienti, gestori simpatici e ottimo cibo. Durante la giornata c'era stato brutto tempo e la sera ci ha regalato lo spettacolo meraviglioso dell'arcobaleno e, mentre attraversavamo un ponte, il tramonto del sole alla nostra destra e il sorgere della luna alla sinistra! E' accaduto in contemporanea all'inaugurazione del nuovo ponte di Genova con le profonde e auspicabili parole di Renzo Piano: "un ponte che attraversi passo per passo, lentamente, quasi chiedendo il permesso, come un vascello bianco che attraversa la valle [...] costruire è qualcosa che non ha forma e dargli forma [...] costruire un ponte poi...i muri non bisognerebbe costruire, quelli no! Costruire un ponte è un gesto di pace. Un cantiere è una cosa bellissima, un posto in cui prevale la solidarietà e svaniscono le differenze, prevale la passione, l'amore [...] e spero che questo ponte verrà amato perchè è forte e semplice e gioca con la luce...e con il vento".

Queste bellissime parole hanno ispirato il cammino e il mattino dopo, zaino in spalla, è iniziata la salita. Il primo tratto è il più duro, si arriva a quota 1700 con un dislivello di 1000 mt. E' il Monte Chiappo, dal quale se la giornata è limpida si inizia a scorgere la costa e si sente il vento.

Il ritmo del viaggio è lento, è come un riappropriarsi del tempo ("Impara a darti tempo" mi arriva da un amico su Whatsapp) mentre si attraversano i boschi e qualche paesino ti accoglie quando meno te lo aspetti. Cammini sui crinali e questo ti offre l'opportunità di contemplare dei paesaggi diversi da una parte e dall'altra ma che ci stanno e formano paesaggi variegati e graduali con sfumature di verdi e marroni che non trovi le parole per esprimerli, il tutto punteggiato da fiori coloratissimi e con la compagnia silente di faggi e noccioli. Qua e là la sorpresa di qualche fungo, anche mangereccio. 

Lungo il cammino gli incontri sono stati vari e variegati: dai camminanti come noi, agli "stanziali", ai gestori di alberghi e rifugi. Una menzione in particolare va fatta al mitico Mauro, del Bed & Breakfast Villa Tiffany di Torriglia, che ci ha recuperati alla fine di un sentiero infinito e ci ha coccolati portandoci al ristorante (sulla strada al ritorno abbiamo incrociato un daino!). E anche al volenteroso Tommaso che con due amici ha permesso al rifugio sul Monte Chiappo di rimanere aperto anche quest'estate, sicuramente senza guadagnarci nulla ma per puro amore per le sfide e per le sue montagne.

Quando stai per arrivare al mare te ne accorgi anche dagli odori e dal trasformarsi della flora che ti circonda, ma anche questo avviene in modo graduale e armonico. Dopo aver attraversato quattro regioni (Lombardia, Emilia, Piemonte e Liguria) il tuo sguardo viene catturato da un azzurro intenso che viene dal basso: è il bacino del Brugneto, "uno specchio di acqua azzurra tra le onde brune delle foreste".

L'ultima sosta notturna è Uscio,  dove la ciarliera Sonia gestisce il Rifuscio, un posto accogliente e familiare con un riposante giardino abbellito di ortensie immense e fiori autoctoni. Da qui si scende fino al paese di Ruta; i riflessi del mare ti avvolgono l'anima e il cuore, che palpita nell'ultimo tratto come non mai, per placarsi quando, dopo una breve pausa ristoratrice all'ombra della Chiesa di San Rocco, raggiungi Punta Chiappa (dal monte alla punta...ahahah!) dove un bel tuffo nel blu ti ripaga della dura fatica.

Con un battello poi raggiungi Camogli, con le sue case coloratissime...l'unione tra monti e mare è qui compiuta, complice il vento...

Poi in treno a Genova, per riprendere la suggestione di Renzo Piano: 

Genova mia città intera.Geranio. Polveriera.Genova di ferro e aria,mia lavagna, arenaria.[..]

Giorgio Caproni

Alla fine ti rimane negli occhi e nel cuore una tavolozza di colori che vanno dalle sfumature della roccia e del legno ai verdi indicibili dei prati e multicolori dei fiori ai mille riflessi azzurro-bluastri del cielo e del mare! 

lunedì 20 luglio 2020

La verità o le verità?

Ieri sera ho visto un film psicologicamente interessante: Le verità, di un regista giapponese, Hirokazu Kore-eda, che per l'occasione si trasferisce in Europa e precisamente a Parigi.
Qui si svolge la vicenda dell'incontro tra una madre (Catherine Deneuve) e una figlia (Juliette Binoche) e le tante verità che si celano dietro il loro rapporto, come una sorta di scatole cinesi, di detti e contraddetti che vengono scanditi anche dall'utilizzo del film nel film.
La madre infatti è un'attrice sulla Via del tramonto (rimando cinematografico ad un'altra grande storia) che ha appena pubblicato la sua autobiografia. La figlia fa la sceneggiatrice e torna nella casa materna in occasione dell'evento e alla ricerca della verità sull'amore materno. Ma la Verità con la V maiuscola non si addice a questa madre che ha fatto della finzione la sua vita e che viaggia leggera sopra (a volte calpestandoli) i sentimenti altrui; è una madre narcisa ed egoista (all'apparenza) che però risulta simpatica, per lo meno a chi, come la sottoscritta, fugge da immagini stereotipate dell'amore materno.
La madre è nella nostra cultura (cattolica principalmente) simbolo di sacrificio, madre come colei che dedica la vita ai figli, che antepone i loro ai propri interessi...
Ebbene questa madre si comporta in altro modo, l'alter ego della storia nella storia la vuole addirittura più giovane della figlia (escamotage narrativo che vede la madre soffrire di una malattia per cui l'unica cura è vivere nello spazio, ove il tempo si ferma, e tornare sulla Terra ogni 7 anni, dalla figlia che nel frattempo invecchia - la quasi stessa scala nel film e nel film dentro il film è geniale) e psicologicamente lo è, in quanto in grado di cogliere della vita il succo prezioso...
In questo senso è tutt'altro che narcisa ed egoista, ad una lettura più profonda è una donna che ha imparato a vivere, senza esagerare con le dipendenze emotive, e il corollario di sensi di colpa e ricatti emotivi che invece porta con sé l'immagine della Madre-Agnello sacrificale...
Le figlie di oggi non hanno bisogno di questo tipo di madri, ma di madri che facciano loro da guida in una realtà complessa e contraddittoria come quella attuale, che alle donne chiede di essere tutto e il contrario di tutto, che le immola e le santifica su modelli irraggiungibili e frustranti...mentre femminilità è accoglienza, prima di tutto di sé...così come si è.
E questo è il grande insegnamento di questa madre, che nella scena finale esprime tutto il suo gioioso essere!
...quando il Giappone incontra l'Europa...

domenica 28 giugno 2020

Lesbo, l'isola dei bambini suicidi


«Questi non sono buchi. Qui è il grande reame e la città di Nanosterro. In antico non era tenebroso, bensì inondato di luce e di splendore, come ancora ricordano le nostre canzoni»
(Gimli in J. R. R. TolkienIl Signore degli AnelliLa Compagnia dell'Anello)
Oggi apro il giornale e leggo un articolo di Bernard-Henry Lévy sulla situazione dell'enorme campo profughi di Lesmo dove la situazione è talmente disperata che i ragazzini smettono di parlare e finiscono con il cercare la morte...è questa l'Europa che vogliamo?
Non penso che le madri e i padri fondatori immaginassero questo quando hanno fondato l'Unione Europea. L'afflato da cui è stata ispirata si basava sulla pace, sulla volontà di vivere in armonia e fratellanza. Ma questo non può valere oggi solo per chi ha la fortuna di nascere dentro l'Unione Europea e per chi non ha questa fortuna no.
E' assurdo pensare che un ragazzino di 12 anni sia talmente disperato da togliersi la vita perchè la vita  finora gli ha tolto tutto!
A Lesbo un ex accampamento militare costruito per 800 soldati ospita ora quasi 20mila profughi! Le condizioni igieniche di base sono inesistenti e l'impotenza di fronte ad una burocrazia cieca e crudele porta alla disperazione.
Paradosso del paradosso il campo si chiama Moria (strana assonanza con morte, no?) e sono due anni che la situazione è questa e peggiora sempre più: https://www.valigiablu.it/grecia-lesbo-campo-migranti-suicidi/ questo è un link ad un articolo dell'anno scorso ed oggi è ancora così...ma per quanto ancora?
Bernard_Henry Lévy conclude il suo articolo con una osservazione talmente vera da sembrare banale (come il male del resto): "Fate i vostri conti. 500milioni di europei che si dividono in 27 nazioni e a cui verrebbero ad aggiungersi 20mila anime in sofferenza. Una goccia d'acqua nell'oceano della nostra prosperità".
Basterebbe fare propri i valori dei leader visionari che hanno voluto l'Europa e invece...
Come nel romanzo fantasy di Tolkien Moria lasciamo che esista un luogo dell'orrore, la Terra di Mezzo dove non dimora la speranza ma le tenebre, luogo di mostri e disumanità.
E l'Europa sta a guardare...

sabato 6 giugno 2020

We are the world vs. pregiudizio.

Il pregiudizio etnico, dicono le ricerche, aumenta nei periodi di crisi economica. Questo avviene anche quando si verificano catastrofi o calamità incombenti.
E' ciò che sta accadendo, vedete.
Uno dei maggiori studiosi del fenomeno è stato Allport. Il suo saggio La natura del pregiudizio è del 1954. Il pregiudizio ha alla base un pensiero malevolo su un gruppo, pensiero malevolo ma anche non corretto, è una distorsione del pensiero. Presuppone la carenza di una competenza, competenza invece che è in possesso di un osservatore distaccato, non emotivamente coinvolto.
Quando qualcosa ci disturba attiviamo degli schemi mentali, che ci evitano la produzione di sforzi. Per non cadere nella generalizzazione e nella categorizzazione, occorre disporre di una notevole apertura mentale e della capacità di sospendere il giudizio (epoché).
Per non cadere vittime dei pregiudizi dobbiamo quindi sforzarci, aprire la mente, incuriosirci, conoscere...è insomma una fatica. Per questo è facile la diffusione del pregiudizio e meno siamo abituati a riflettere (e questi non sono tempi che facilitano tale operazione) e più siamo preda di visioni del mondo che ci deresponsabilizzano; come trovare il capro espiatorio, il nemico esterno a cui attribuire tutto il male che ci accade, permette di non mettersi in discussione e di rimanere "puliti" agli occhi della nostra falsa coscienza.
Dobbiamo guardarci in faccia, come ha scritto il sociologo Edgard Morin (Il pensiero ecologizzato, 1990), renderci conto della gravità della situazione e renderci conto che dal punto di vista delle relazioni umane siamo ancora alla preistoria. Abbiamo tutto da imparare.
Per il grande pensatore indiano Krishnamurti la sola rivoluzione si verificherebbe quando finisce il flusso dell'egoismo (1977), quando sapremo identificarci con il mondo, vedere chiaramente il suo enorme disordine, tutto quanto vi è di falso...levare il velo di Maya. "Il processo che riteniamo al di fuori di noi è, in verità, in noi perché noi siamo il mondo, We are the world come canta una bellissima e famosa canzone.

Ethnic prejudice, research says, increases in times of economic crisis. This is also the case when disasters or impending disasters occur.
That’s what’s happening, you see.
One of the major scholars of the phenomenon was Allport. His essay The Nature of Prejudice is from 1954. Prejudice has at its base a malevolent thought about a group, malevolent but also incorrect thought, it is a distortion of thought. It presupposes a lack of competence, rather than a competence in the possession of a detached observer, not emotionally involved.
When something disturbs us, we activate mental patterns that prevent us from making efforts. In order not to fall into generalization and categorization, it is necessary to have a remarkable mental openness and the ability to suspend judgment (epoché).
In order not to fall victim to prejudices we must therefore strive, open our minds, be curious, know...In short, it is a fatigue. For this reason it is easy to spread prejudice and we are less accustomed to reflect (and these are not times that facilitate this operation) and the more we are prey to visions of the world that deresponsibilize us; how to find the scapegoat, The external enemy to whom we attribute all the evil that happens to us, allows us not to question ourselves and to remain "clean" in the eyes of our false conscience.
We must look ourselves in the face, as the sociologist Edgard Morin wrote (Il pensiero ecologizzato, 1990), realize the gravity of the situation and realize that from the point of view of human relations we are still in prehistory. We have everything to learn.
For the great Indian thinker Krishnamurti the only revolution would occur when the flow of egoism ends (1977), when we will be able to identify ourselves with the world, see clearly its enormous disorder, all that is false...remove the veil of Maya. "The process we feel outside us is, indeed, in us because we are the world, We are the world as a beautiful and famous song sings.

sabato 30 maggio 2020

E' sabato.


Questo di sette è il più gradito giorno,
Pien di speme e di gioia:
Diman tristezza e noia
Recheran l'ore, ed al travaglio usato
Ciascuno in suo pensier farà ritorno.

Così cantava il poeta ne Il sabato del villaggio, e faccio mia l'essenza di questi versi.
E' sabato. Ho sempre amato il sabato. E' per me il giorno vero del riposo (anche se non appartengo alla cultura ebraica! Infatti la parola deriva dall'ebraico shabbat che vuol dire riposo), la mia mente si rilassa veramente dopo le fatiche della settimana ed è libera dalle preoccupazioni che possono insorgere di domenica quando inconsciamente si prepara ad affrontare un'altra settimana.
E' anche legato al pianeta Saturno, nome che nell'antichità indicava anche un dio: Sat deriverebbe in questo caso da lingue indoeuropee e significherebbe ciò che dà vita, che feconda. Secondo la leggenda avrebbe regnato nella mitica età dell'oro, quando era sempre primavera, vi era abbondanza di frutti della Terra e esseri umani e dei vivevano insieme...è il giardino pagano dell'Eden.
E' un giorno di grazia nel quale mi concedo di ascoltare maggiormente i miei bisogni e cerco di dar loro risposta.
E' il giorno in cui la mia energia si ricarica ed è pronta poi a scorrere via per i tanti impegni lavorativi e famigliari.
E infine "E' sabato" come nella canzone del grande Giorgio Gaber: Ma è nell'aria/non so da cosa ma si sente, è nell'aria/si vede dai gesti, dai silenzi/è nell'aria/In fondo è così naturale/un piccolo sforzo iniziale/poi tutto, va da sé/tutto va da sè/senza fatica, senza fatica.
E' sabato...il giorno che io amo di più.

venerdì 22 maggio 2020

Persone

Oggi vi invito ad una psico-riflessione sulla terapia.
Chi viene in studio da me non è un/una paziente o un/una cliente, è una Persona. Perché questa precisazione? La parola "paziente" mi mette un po' a disagio in quanto proviene da un paradigma medico. La psicoterapia non è medicina, è qualcos'altro...è relazione. Inoltre la parola paziente mette chi ne è etichettato in una sorta di posizione passiva di attesa: ecco, chi intraprende un percorso psicoterapeutico è tutto meno che passivo, e se lo è, la psicoterapia, come processo di crescita/evoluzione, non funziona! Ci vuole coraggio a mettersi in discussione e il coraggio ha una dimensione attiva.
La parola "cliente" mi turba addirittura, sarà perché ho scelto questa professione sicuramente non per motivi economici (non si diventa ricchi con la psicologia!), sarà perché sono molto critica sul fatto che quello che offro sia un "prodotto", ma il termine cliente anche se è sicuramente più attivo di paziente proprio non lo sopporto. Mi fa pensare ad un mero scambio economico, cosa che la psicoterapia proprio non è!
Alla fine quindi la scelta ottimale per me è parlare di "Persone" con la P maiuscola, perché chi ha deciso di entrare in terapia è un essere unico ed irripetibile, è molto di più del suo disagio e dei suoi sintomi, è qualcuno che mi insegna che noi umani abbiamo tantissime risorse e che non ci salviamo da soli. Ognuno ha la propria personalità ed è quando questa diventa troppo rigida che possono sorgere dei problemi e la psicoterapia può aiutare ad "ammorbidire", a far entrare luce e consapevolezza nei processi psichici e anche compassione.

Se consideriamo l'etimologia della parola persona troviamo che " è legata al verbo latino personareformato da per- = attraverso + sonare = risuonare. Ci si riferiva agli attori del teatro classico che "parlavano attraverso" (la maschera lignea che indossavano in scena)." E prima ancora "nell' etrusco φersu, e nell' indi φersuna, che  indicano "personaggi mascherati", a loro volta, derivanti dal greco πρόσωπον (prósōpon) che  indica sia il volto dell'individuo, sia la maschera dell'attore e il personaggio rappresentato."
Anche il "termine latino pars parte, funzione, ruolo di un personaggio". 

Allora cosa fa la psicoterapia? Aiuta la Persona ad uscire da ruoli troppo rigidi, da 
gabbie mentali e ritrovare la propria Autenticità, il proprio essere unico ed irripetibile, 
emancipato dai condizionamenti e da ciò che non risuona con il proprio vero S é. 
La maschera non è più tale perché traspare/è trasformata dall'essenza di chi la indossa.

Ecco perchè preferisco il termine Persona.



domenica 10 maggio 2020

Festa post-femminista della madre.

Buona festa della madre! Ma cos'è essere madre oggi? Il materno è empatia e accoglienza. Allora può appartenere anche agli uomini, anzi sarebbe auspicabile che lo divenisse sempre più. Perché dico questo? Lo dico perché è ora di accorgersi che viviamo in una sorta di "apartheid del sesso" come spiega brillantemente un bellissimo testo del 1995 (ben 25 anni fa!) di Martine Rothblatt. La domanda di base è: perché una divisione puramente biologica tra i due sessi (che non sono solo 2 visto che il 4% della popolazione umana è intersessuata) lo è poi anche a livello economico e sociale? Con tutte le conseguenze del caso? Stipendi femminili più bassi, ruoli lavorativi apicali occupati prevalentemente dagli uomini?
E' purtroppo e come sempre, come nell'apartheid basato sul colore della pelle, una questione di potere. E come questo è distruttivo, doloroso e oppressivo. Le donne sono così una categoria oppressa fin dall'antichità. Margaret Mead, la famosa antropologa, nel 1949 nel saggio Maschio e femmina, scrive che la creazione di aspettative artificiali per ciascun sesso ha come effetto di "limitare l'umanità dell'altro sesso". L'approccio "maschile" al mondo (depauperamento degli habitat naturali, produzione intensiva, sfruttamento del suolo, etc. etc.) sta portando Madre Terra alla distruzione, vogliamo continuare così? Le nuove generazioni se ne sono accorte (v. Friday For Future, dove ambientalismo e post-femminismo vanno a braccetto) e il mio auspicio è che la prossima Festa della Madre lo sia davvero e lo sia soprattutto per Madre Terra, a cui dobbiamo tutti, maschi-femmine-trans-intersex e quant'altro, la nostra esistenza.